L’ultimo viaggio di Giovanni Paolo II
Non sono certo un cattolico praticante e giudico molto fortunato chi ha il dono della fede. La mia scelta laica e laicista non m’impedisce però di partecipare con profonda commozione alla scomparsa di un uomo che ha fatto la storia. Avevo solo 12 anni nel 1978, quando il polacco Karol Wojtyla diventò Papa Giovanni Paolo II, ma faccio fatica a ricordare tutti gli accadimenti storici che si sono succeduti sotto il suo Pontificato. Mi vengono in mente alla rinfusa: l’attentato che subì, il dopo-terrorismo e gli anni del riflusso in Italia; il terremoto in Irpinia tra i tanti in molti Paesi del mondo; le stragi di Ustica, della Stazione di Bologna e dei bambini a Beslan; Solidarnosc in Polonia e Mandela in Sud Africa; la rivolta di piazza Tienanmen in Cina; la fine della Guerra Fredda con la caduta del Muro di Berlino e la dissoluzione dell’Urss; Mani Pulite e la fine della Prima Repubblica in Italia; gli omicidi di Falcone e Borsellino; l’Intifada; le guerre delle Falklands, del Golfo, in Jugoslavia, in Afghanistan e in Iraq; l’avvento del personal computer e dei telefonini; l’Europa dell’Euro; la nazionale di Bearzot Campione del Mondo; l’11 settembre, lo Tsunami e chissà quanti altri accadimenti, più o meno importanti, ora mi sfuggono. Papa Giovanni Paolo II resta uno dei più grandi uomini del ‘900 e ovunque è andato ha lasciato un segno, una traccia, anche presso ebrei, musulmani o atei. Un Papa che, come nessun’altro, ha saputo legarsi ai giovani, da lui definiti ‘le sentinelle del mattino’. E il calcio? Dopo la vergogna delle partite giocate malgrado l’11 settembre, questa volta il calcio, sebbene in colpevole ritardo, ha saputo fermarsi. E mi fermo anch’io. Ciao Papa Wojtyla!
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