34C: Milan-Inter 1-0
Vincere questo derby funestato dallo sciopero del tifo nerazzurro e dai turbamenti europei rossoneri sarebbe stato gratificante. Pareggiarlo, dopo tutto quello che è successo sarebbe stato almeno dignitoso. Ma l’Inter di questi tempi non fa cose nè gratificanti nè dignitose ed infatti il derby n.263 l’Inter lo ha perso. Pesante l’assenza della Curva Nord che ha scelto la via dello sciopero per manifestare il suo dissenso, come quella del patron che ha preferito riparare a Forte dei Marmi in anticipo sulla Pasqua. Io invece, non potendo sottrarmi, c’ero e non mi sono divertito per nulla. Allo sciopero del tifo della Nord ero preparato e devo dire che, tutto sommato, la protesta ha fatto centro e l’ho trovata incisiva. Mi auguro che chi di dovere rifletta su quello che è successo su una parte degli spalti di questa stracittadina, sulla tristezza di girare la testa verso il deserto di sinistra in una partita che fino a qualche tempo fa era una festa per l’intera città. Mai nella mia vita avrei pensato di assistere ad un derby senza una delle due curve, un mezzo derby insomma, un derby, dall’atmosfera lugubre, con una sola curva che ha cantato e fatto coreografia senza che l’altra potesse rispondere, se non con lo striscione ‘non ci siamo perché voi non ci siete mai stati’ agghiacciante nella sua lapidaria immediatezza. L’amico Valerio Marini ha provato a trasporre in campo lo stato d’animo di una delle parti nella vignetta pubblicata qui sotto. In campo ho vanamente sperato in un’Inter che si giocasse la vita, col sacro furore agonistico dell’attaccamento alla maglia e invece la squadra ha fatto la sua onesta partita, quella che in casi come questi, non può mai bastare. Nel dopopartita Adriano ha inoltre regalato un’altra delle sue perle, spero l’ultima: dopo un lamentoso “se vinciamo, vinciamo in undici, se perdiamo, perdiamo in undici, non un solo giocatore”,come se non fosse normale chiedere al leader maximo di qualsiasi squadra di sopportare oneri e onori, il brasiliano ha dato prova di rara indelicatezza “Se i tifosi mi dicessero in faccia che non mi vogliono più, -ha sentenziato- “sarei costretto ad andarmene. Io sono un giocatore che quando ride può fare di tutto. Quando non rido e non c’è felicità, per me diventa difficile”.La notizia per Adriano è che ora è difficile ridere anche per i tifosi dell’Inter. Da troppo tempo l’ex imperatore appare sempre scontento, neanche l’Inter fosse una prigione e giocarci un insopportabile supplizio. Per la cronaca, non ha fatto un tiro in porta nemmeno stasera, anche se si è mosso decentemente e non si dica che è troppo sotto pressione: Ronaldo a 21 anni era già molto più responsabile e responsabilizzato, come del resto il coetaneo Kakà che lo difende per connazionalità! Tutto poteva dire Adriano dopo un derby in un momento come questo, ma ha scelto ancora di anteporre all’Inter la sua complessa psicologia, al punto da spiazzarci: o Adriano è troppo furbo o è troppo ignorante delle cose nerazzurre per non capire il significato di un derby, soprattutto in un momento in cui ci sono problemi in società ben più importanti e urgenti. Quindi basta con questi musi lunghi, con questa insopprimibile e insopportabile tristezza: ha fatto bene Giacinto Facchetti a gelarlo con un lapidario “la felicità bisogna trovarla dentro se stessi”.Magari altrove, aggiungo io, perché non si può trattenere ad ogni costo chi non ha alcuna intenzione di fare qualche sacrificio. Evidentamente l’Inter non fa per lui, facciamocene una ragione, senza rimpianti.
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