Infettati dal virus…e pure dai batteri

Renzo Bracco, che da anni collabora saltuariamente con la rubrica “Posta prioritaria” di Libero, mi ha inoltrato questo suo scritto su un argomento che ho spesso toccato in diretta, pensando che mi sarebbe piaciuto. in effetti mi è piaciuto molto, tant’è che dopo Libero lo pubblico anche sul mio sito
Grazie Renzo!
glr

Il coronavirus, per contribuire alla sua diffusione, ha trovato in Italia – ma non solo – un alleato di cui non si sentiva proprio il bisogno.
Non si tratta di un altro componente della famiglia dei corona, ma di un batterio, altrettanto contagioso: quello del tifo. Colpisce le vie intestinali, ma anche le menti dei “tifosi”.
È sintomatico che mentre in tutte le lingue conosciute gli amanti dello sport vengono definiti in modo positivo, in Italia invece sono associati ad una malattia infettiva: il tifo.
Qualche esempio. In inglese: supporter, fan; in francese: supporteur; in spagnolo: aficionado; in portoghese: adepto; in tedesco: sport begeistert (appassionato).
In questi giorni sono state documentate le prodezze dei tifosi nostrani, dettate da ignoranza e desiderio di fare la bravata, ignorando le prescrizioni di governo, virologi e scienziati..
Anche altri Paesi Europei non sono da meno: fuori dagli stadi di Francia e Inghilterra (chiusi al pubblico) si sono accalcati migliaia di tifosi urlanti, per sostenere (?!) la loro squadra.
I risultati sul campo sono stati acquisiti in diretta; quelli dei contagiati seguiranno nei prossimi giorni nei bollettini medici. Pare non esserci ancora la percezione di ciò che sta accadendo
Qualche dirigente sportivo ha dichiarato persino che si dovrebbe continuare a giocare: il pallone avrebbe la funzione di un antidepressivo..
Si pensa che il mondo dopo la pandemia non sarà più lo stesso; possiamo augurarci che anche i “tifosi” tornino a riconoscere le regole del vivere civile?
Un cordiale saluto
Renzo Bracco

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