Frammenti di un percorso amoroso
di Chloe Barreau
Attraverso 12 storie di uomini e donne, apparentemente slegate tra loro, ma accomunate dalla presenza di un’unica persona (il personaggio Chloe) la regista Chloe Barreau apre a un racconto sull’amore, sulle proprie relazioni amorose, sul ricordo che ognuno di noi conserva delle persone amate. E lo fa in un modo molto particolare. Immaginate di sfogliare un album di foto dei vostri ex: in un modo simile la regista, al posto di un album di fotografie, utilizza tutta una serie di filmati che lei stessa ha ripreso con una telecamera, a partire da quando aveva 16 anni, mentre viveva le storie e le persone. A distanza di anni recupera quelle stesse immagini e le unisce con interviste fatte ai giorni nostri ai suoi ex, completando e arricchendo così le storie stesse. Il punto di forza di questo film, prodotto da Groenlandia di Matteo Rovere, sta sicuramente nel ritmo e nelle storie che vengono narrate. Apparentemente banali e al contempo uniche: ma quale storia d’amore non lo è? Eppure nella banalità e nell’unicità si trova sempre qualcosa che è comune a tutti/e: l’abbandonarsi a un amore con tutta l’anima e la passione, lo stupore di una bugia, la brutalità del lasciare o dell’essere lasciati e molto altro ancora. Il film inizia con una domanda che la stessa Chloe personaggio si rivolge: “C’è differenza tra l’amare e essere amati?” Vale a dire, c’è differenza tra l’amore che noi mettiamo in gioco in una relazione amorosa e la percezione che gli altri (gli amati) hanno avuto di noi e di quell’amore che con noi hanno vissuto? E poi ancora, il tempo aiuta i ricordi o distorce in qualche modo quel che noi ricordiamo? Io vi ho amati/e, sembra dire la regista e voi, cosa ricordate del mio/nostro amore? Sono tutti spunti di riflessione che la regista francese trapiantata a Roma (si) pone in un film che trova forza, anche, nel montaggio delle interviste e nel percorso stesso che come un filo visibile si insinua tra una storia e l’altra. Un film temerario, perché ci vuole un gran coraggio e, forse, una punta di esibizionismo a esporsi in maniera così intima e personale.Il titolo omaggia Roland Barthes e il suo saggio “Frammenti di un discorso amoroso”.
Presentato a Venezia, è molto interessante e emozionante, solleva domande e ricordi nello spettatore. Proposto in versione originale con sottotitoli (la metà degli intervistati è francese) è da non perdere.
Recensione del Conte Adriano Cavicchia Scalamonti – 18.10.2023