Election day: ha vinto Obama
Ha vinto Barack Obama. Serata interessante quella che ho trascorso nello spazio espositivo della Permanente di Milano in via Turati, dove il Consolato USA ha organizzato una lunghissima Election Night. Mi hanno invitato alcuni amici, americani che vivono qui e italiani col mio stesso pallino, gli USA! A dire la verità io ho lasciato il campo qualche ora prima delle 5.15 quando è stata ufficializzata la vittoria di Obama.
Il Presidente democratico l’ha spuntata sullo sfidante repubblicano Mitt Romney, conquistando il secondo mandato per altri quattro anni alla guida degli Stati Uniti d’America. Obama ha vinto, malgrado una situazione economica piuttosto critica, magari anche solo perché qualcuno si è ricordato che proprio sotto la sua presidenza si è eliminato il più grande terrorista di sempre, Osama bin Laden, o magari perché ha più physique du rôle di Romney. In effetti i democratici, fin dai tempi di Kennedy, hanno quasi sempre proposto candidati più giovani e più vicini al way of life dell’americano moderno rispetto ai repubblicani. E in questo Paese, a differenza del nostro, non si sono mai votate le ideologie, ma gli uomini e le loro idee. In quel fantastico Paese, anche un nero può vincere una borsa di studio all’Università e diventare Presidente, mentre in questo Paese(llo) abbiamo forse l’unico Capo di Stato al mondo che ha due anni più del Papa, il Presidente Giorgio Napolitano, ovvero un vetero comunista che ai suoi tempi non disprezzava per nulla i carri armati sovietici per le vie di Budapest e di Praga. Ma si sa, noi viviamo ancora sull’antico prestigio dell’Impero Romano, sui nostri inarrivabili poeti e artisti, malgrado da allora siano passati un paio di millenni! Celebrando la vittoria, Obama ha pronunciato uno dei migliori discorsi della sua carriera politica. Romney gli ha fatto i complimenti, riconoscendo la sconfitta. Questa è l’America. Chi vince governa, chi perde si congratula e si mette a disposizione per un Paese migliore. Proprio come quei cialtroni dei nostri politici, che ad ogni elezione, tra quintali di schede bianche e nulle, dichiarano tutti di aver vinto, anche quelli cacciati dal Parlamento per insufficienza di voti. Ora la sfida di Obama, che si è dimostrato comunque un grande leader, è quella di diventare un grande statista. Là almeno ci possono sperare. Noi siamo ancora fermi anche a gente come Giorgio Napolitano, classe 1925, di due anni più vecchio di Papa Razinger, prontissimo a bofonchiare a proposito del successo di Obama e del grande fair-play dimostrato dallo sconfitto Romney quanto segue: «Negli Stati Uniti è fortissimo il senso dell’identità e dell’orgoglio nazionale. L’interesse generale del Paese prevale sui contrasti. Prima avremo questo atteggiamento in Italia, meglio sarà per il Paese». Già il Paese voluto da quelli come lui, il Paese in cui il Governatore della Regione Sicilia, come pure il Presidente della Provincia di Bolzano, guadagnano molto di più dello stesso Obama, ovvero del Presidente dello Stato più importante del mondo; il Paese dove il nostro ambasciatore a Berlino guadagna il doppio del Cancelliere Angela Merkel; il Paese dove per ridurre il numero dei nostri 945 parlamentari stanno per proporne la nomina di altri 90, che dovranno occuparsi proprio di tagliare gli altri mille! Solo pochi esempi, ma ce ne sarebbero moltissimi altri, per la più naturale delle conclusioni dal più profondo del mio cuore di cittadino: ANDATE A CAGARE!
Mai fui più d’accordo con un tuo editoriale (di solito, commento quelli sull’Inter)… Soprattutto per la parte che riguarda l’Italia…Non ho viaggiato tanto come te, ma ho lavorato (facevo ricerca per l’Università, cattedra di Storia degli Stati Uniti d’America, a Scienze Politiche di Milano) e vissuto un po’ a Berlino… In pochi mesi, mi si sono aperti gli occhi su un’infinità di cose NORMALI, che funzionano come dovrebbero funzionare ma che qui, in Italia, sono gestite in modo orribile, distorte, preda di furbetti, pigrizie, gente sbagliata al posto sbagliato… Troppi sarebbero gli esempi ma, per te che giri tanto, è pure inutile elencarli.
Io credo che tutto parta dal senso del rispetto, che qui, di base, manca. Dal vicino di casa rumoroso (i miei dirimpettai di casa, a Berlino, quando facevano tardi la sera, per fare le scale senza disturbare, si toglievano le scarpe!!!), alla rotonda quando sei in macchina, dal rispetto del lavoro degli altri, alla politica.
Ciao e grazie,
J.B.
Grazie a te, ma come dico sempre: la civilità di un popolo si misura nel suo modo di stare in coda. Prendi una qualsiasi posta italiana e confrontala alle altre!
GLR