Inter Nos 15
Pubblicato su San Siro Calcio, sabato 30 marzo 2013
IL DERBY D’ITALIA – Juve-Inter all’andata è stato il punto più alto del primo anno di Stramaccioni sulla panchina dell’Inter ma, al tempo stesso, l’inizio della fine. Quel 3-1 sapeva di trionfo, perché prima d’ora mai nessuno aveva espugnato lo Juventus Stadium, il salottino bianconero che per 49 partite in tre diversi campionati si era trasformato in una fortezza pressoché inespugnabile. Un successo in rimonta e da urlo sui bianconeri con gli Strama-boys giunti ad un solo punto in classifica dai bianconeri. Era la sera del 3 novembre 2012. Poco più di quattro mesi dopo i punti che dividono le due squadre sono diventati 18, anche se l’Inter ha giocato una partita in meno. Purtroppo di quel successo nel derby d’Italia, di quella perla, la più rilucente in una collana di 10 partite consecutive vinte, è rimasto solo il ricordo. Da lì l’Inter non è più riuscita non solo ad essere una grande squadra, ma nemmeno la sua controfigura. Il conseguente avvitamento in classifica ha portato oggi i nerazzurri lontano da tutto. E non bastano i troppi infortuni a spiegare le tante occasioni perse e i troppi punti gettati al vento, soprattutto con le squadre di bassa classifica.
Ora la Juve gioca per gestire il cospicuo vantaggio in campionato con la testa al doppio confronto di Champions League con il Bayern, primo round all’Allianz Arena martedì prossimo, l’Inter gioca invece per il terzo posto, in una corsa francamente complicata più dai demeriti di tecnico e squadra che dalla bravura degli avversari. Ora, a meno di due mesi dalla fine della stagione, Stramaccioni pare aver individuato il modulo più affidabile per le ultime dieci partite: il 4-3-1-2 visto nel retour-match col Tottenham, l’unica gara davvero all’altezza delle aspettative negli ultimi mesi, potrebbe essere riproposto nel derby d’Italia contro la Juventus. I nostri tornano in campo addirittura 16 giorni dopo dall’ultima di Europa League. E ci si domanda se il rinvio di Sampdoria-Inter per maltempo alla fine sia stato davvero un bene, com’era sembrato in un primo momento per un sollievo fisico dopo la battaglia di San Siro col Tottenham. Io non ne sono convinto, dal momento che questa Inter ha dimostrato di essere squadra fin troppo umorale e vedere la zona Champions League sempre più lontana in classifica a livello mentale non fa certo bene allo spirito.
QUANTE CHIACCHIERE – Quando non si gioca, si ha tanto tempo per sbizzarrirsi a disegnare l’Inter del futuro. Così, in tutto questo tempo senza partite giocate, al nerazzurro sono stati accostati una ventina di nuovi giocatori, una decina di allenatori da Mihajlovic fino a Terim, oltre alla puntuale bufala su un Mourinho 2 e almeno altrettanti dirigenti: qui il capofila è Leonardo, poi Bigon, Lomonaco, Marino, Corvino, fino a Giovanni Sartori del Chievo. Per non parlare dello staff medico. Insomma, ad ogni sosta di campionato all’intera governance nerazzurra fischiano le orecchie, ma poi la realtà è molto diversa. Ogni rivoluzione ha i suoi costi tra dismissioni e reclutamenti ed è francamente inimmaginabile che l’estate prossima l’Inter possa cambiare 40 persone su 50 tra staff societario, tecnico, medico e squadra. Certo ogni tanto è anche legittimo cambiare: Mazzola chiuse la sua collaborazione con Moratti dopo soli 4 anni, Oriali dopo 11, Branca è all’Inter da 10 anni, il medico sociale, il dottor Franco Combi, sta per tagliare il traguardo dei 15 anni. Nessuno è eterno e con Moratti chi ha salutato non è mai tornato, a parte Roy Hodsgon per alcuni mesi e in amicizia nella primavera del 1999, giusto per preparare l’avvento di Marcello Lippi. Ma quella era proprio tutta un’altra storia.
UTOPIA MOURINHO – Un Mourinho-bis all’Inter. Con Marco Materazzi come vice. E’ questa l’ipotesi rilanciata qualche giorno fa dalla Spagna. Anche là, quando il campionato è fermo, si lavora parecchio di fantasia. Gli inglesi hanno sempre avuto nel loro vocabolario espressioni fantastiche per definire in un attimo situazioni e stati d’animo. Una di queste è wishful thinking, letteralmente ‘desiderio pensante’, ossia un’aspettativa talmente schiava di un proprio desiderio da far perdere il contatto con la realtà. In altre parole si smette di credere a ciò che si vede e si comincia a credere a ciò che si vorrebbe che fosse. E in effetti non c’è un tifoso dell’Inter che non vorrebbe ricominciare da Mourinho, il tecnico che ha scritto le pagine più gloriose nella recente storia del Club, fino al Triplete realizzato dall’Inter, unica italiana nella storia, nell’anno di grazia 2010. In realtà il rientro di Mourinho all’Inter, che continua a sentirsi interista e a parlare da interista, al momento è utopia assoluta.
Nell’ultimo anno lo Special One ha guadagnato la cifra-record di 14 milioni di euro, praticamente la metà dell’intero budget di mercato dell’Inter in caso di mancata partecipazione alla Champions League. Da quando la crisi economica ha attanagliato anche il calcio, gli occhi di Massimo Moratti sono puntati più sul bilancio che sul campo. E nemmeno con l’intervento di investitori pesanti ci sarebbero subito le risorse finanziarie un’operazione del genere. Ma il calcio è da sempre l’impero dei sogni e quindi è giusto sognare. Solo che poi ci si sveglia.
Al di là della ridda di voci, l’Inter sta progettando il futuro pensando al massimo ad un paio di investimenti per migliorare un gruppo pronto a tornare in campo con la Juve a distanza di 16 giorni dal Tottenham. Un rinforzo importante è senz’altro il 20enne attaccante argentino Mauro Emanuel Icardi, in forza alla Sampdoria. L’altro potrebbe essere il 24enne centrocampista belga del Cagliari, Radja Nainggolan. Il resto, a cominciare dall’idea di rimettersi in corsa sul 24enne attaccante cileno Alexis Sanchez nel caso il Barcellona lo mettesse all’asta, passa dalla impervia conquista di un posto in Champions League: un secondo anno senza i grandi introiti dall’Europa imporrebbe una ricapitalizzazione più pesante del solito. Tenete presente che Sanchez è costato al Barcellona circa 40 milioni di euro ed il club catalano per non perderci, al netto degli ammortamenti, dovrebbe rivenderlo almeno a 25 milioni di euro. Troppi. E non solo per l’Inter.
Il dirigente Marco Fassone ha determinato in 1 a 5 il rapporto dei ricavi tra Champions League ed Europa League: 14 partite in Europa League hanno portato all’Inter 7 milioni di euro, fossero state in Champions i milioni sarebbero stati 35. Resta comunque il fatto che l’Inter è la squadra italiana che nell’ultimo decennio ha beneficiato degli introiti maggiori dall’Uefa, grazie ad una striscia-record di partecipazioni in Champions League interrotta solo quest’anno. Nessuno in Italia ha ricevuto i 244 milioni di euro avuti dall’Inter. Il problema è che poi si spende sempre di più e spesso si spende male.
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