Inter Nos 2
Pubblicato su San Siro Calcio, domenica 27 settembre 2015
L’INTER NON E’ IN FUGA (PER ORA)
Sbaglia chi parla e scrive di ‘Inter in fuga’. Per una fuga bisognerebbe avere un vantaggio sulle inseguitrici perlomeno nell’ordine di due partite, ovvero di sei punti. L’Inter invece ha la Fiorentina alle calcagna, a soli tre punti, una partita, proprio quella in programma a San Siro nel posticipo della sesta giornata.
Il guaio del calcio parlato in Italia è che se si perdono due partite si paventano immediatamente scenari apocalittici, se invece se ne vincono quattro o cinque la stessa gente comincia a parlar di scudetto ad un mese dal via del campionato e senza neppure dare un’occhiata alle rose, assai più attrezzate, dei tradizionali competitors: Juve, Roma e Napoli. Ormai non passa giorno senza un bombardamento statistico: prima si controllava se nella storia della Serie A la squadra che ha vinto le prime quattro gare era poi diventata o meno Campione d’Italia, ora dopo il successo infrasettimanale col Verona si è passati a considerare le prime cinque. Ebbene, nel 1966-67 l’Inter di Herrera vinse le prime cinque partite, anzi le prime sette, ma non bastò per diventare Campione d’Italia. E, a suggerire prudenza, c’è poi un’ulteriore recentissima statistica che riguarda la Roma, che solo due anni fa vinse le prime dieci partite di fila ma poi arrivo addirittura a -17 punti dalla Juventus Campione d’Italia. E’ pur vero che oggi la Juventus di Allegri non sembra assomigliare a quella record di Conte, ma quella Roma chiuse comunque il campionato a 85 punti. L’anno scorso la Juve ne ha fatti 87 per vincere lo scudetto e magari l’Inter di Mancini quest’anno arrivasse con questi numeri a maggio. In realtà la vera statistica è capire se chi ha vinto le prime cinque gare ha poi chiuso al terzo posto, quello che al momento resta ancora il vero obiettivo stagionale dell’Inter. Direte che sto facendo il pompiere, ma è giusto che lo faccia perché finora l’Inter ha avuto complessivamente un calendario tutt’altro che proibitivo, a parte lo scontro diretto vinto col Milan. Finora i nerazzurri hanno giocato in casa tre volte su cinque contro avversari sulla carta inferiori. E anche la partita con la Fiorentina, assurta inaspettatamente a big-match per l’alta classifica, è in programma a San Siro.
In tutte le partite vinte, l’Inter ha mostrato il suo cinismo raccogliendo il massimo col minimo sforzo. Puerile invece l’accusa che giochi male: lo si dice da sempre di chi è primo in classifica, ha giustamente ricordato Mancini, e nessuna delle altre finora ha mostrato un calcio champagne. Quasi tutte le partite giocate sono state più o meno equilibrate, a parte Chievo-Lazio 4-0 e Napoli-Lazio 5-0, ma il fatto che la squadra sommersa di gol sia la stessa in entrambe le occasioni fa pensare.
Insomma, a dirla tutta, quelli che criticano il gioco poco spettacolare dell’Inter non hanno proprio alcuna lezione da dare al proposito: la differenza rispetto all’Inter è che le altre incassano molti più gol.
Certo di segnali positivi perché sia una grande stagione per l’Inter se ne stanno vedendo: nell’ultima contro il Verona è andato a segno Felipe Melo, uno che non ha mia fatto molti gol, uno che i tifosi dell’Inter non volevano e che invece nel giro di un paio di settimane li ha letteralmente conquistati. Uno che in campo dà l’anima e se la gente che bofonchia di pallone seduta in poltrona avesse lasciato perdere certi luoghi comuni per seguire il grintoso Melo nei suoi anni in Turchia avrebbe facilmente scoperto che l’anno scorso il nuovo guerriero nerazzurro è stato l’anima del Galatasaray e l’idolo della tifoseria giallorossa.
Melo cattivo? Meno di tanti altri, visto che l’anno scorso è stato squalificato solo per una giornata.
Nelle gare giocate fin qui, l’Inter ha saputo sapientemente contenere al minimo la pressione sulla sua difesa, cosa che l’anno scorso era invece insostenibile. E scoprire Gary Medel centrale in aggiunta a Miranda e Murillo è stato importante, così come il recupero di Davide Santon, uno che in estate sembrava destinato alla cessione. E poi c’è la sensazione che stia nascendo un bel gruppo, al di là dell’arrivo di 10 nuovi calciatori, cosa che ha permesso a Mancini di smontare e rimontare la squadra da capo.
Il Mancio, checché se ne dica, il suo mestiere lo sa fare piuttosto bene e, grazie alle esperienze all’estero, ha acquisito a sua volta ulteriore maturità, come tecnico e come leader.
Chiaro che l’Inter non potrà vincere sempre e arriveranno anche momenti difficili, come sempre in un campionato lungo quasi nove mesi. Bisognerà affrontarli e superarli. Intanto Thohir ha finalmente visto dal vivo una squadra decisamente migliore rispetto a quella che aveva lasciato, ma ha frenato a sua volta gli entusiasmi, perché di prima fuga si potrà parlare solo se si dovesse allungare sulla Fiorentina che insegue e di conseguenza sulle altre, che certamente stanno rivelando problemi per certi versi inimmaginabili.
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