Parthenope
di Paolo Sorrentino
Nel 1950 Parthenope nasce in mare, a Posillipo, dove la madre la partorisce. Da quello stesso mare la rivediamo emergere, bella come una sirena, quando la giovane ha vent’anni. Insieme al fratello maggiore Raimondo e a Sandrino, figlio della governante della villa lussuosa in cui vivono, decidono di passare l’estate a Capri. Parthenope diventa consapevole della propria bellezza e della fascinazione che Sandrino prova per lei e intuisce anche l’ossessione di suo fratello, un desiderio che arriva quasi all’incesto. Sull’isola Parthenope è corteggiata da molti uomini che la vogliono e la tentano, ma più di tutti lei si avvicina allo scrittore John Cheever che le raccomanda di godere di tutto quel che la sua giovane età saprà procurarle. Durante la vacanza si concede a Sandrino causando la disperazione del fratello che si suicida da una scogliera dell’isola. Sconvolta, Parthenope torna a Napoli dove, a fatica, riprende gli studi universitari. Nel 1974, prossima alla laurea propone al professor Marotta, con cui ha sostenuto tutti gli esami del corso di antropologia, una tesi sul suicidio, ma l’accademico le propone di scrivere sull’impatto culturale del miracolo di San Gennaro. In seguito … L’ultimo film di Paolo Sorrentino racconta ancora di Napoli dopo il bello, riuscitissimo film precedente, quel “E’ stata la mano di Dio” che tanto faceva pensare a un grande ritorno del regista napoletano. Qui però il racconto di Parthenope ragazza e poi donna si fa simbolo di una città dalle mille facce, seducente e sedotta, povera ma a testa alta, sempre pronta a invocare al miracolo tanto da provocarlo. La città che non ama la propria napoletanità e la rifugge, la insulta, che mostra le cosche criminali e le loro faccende sconvolgenti. Pur avendo in sé la bellezza e le contraddizioni della città Parthenope film ci pare un po’ troppo. Troppo tutto: la parte del 1970 è tutta volta all’estetica: grandi vestiti, ambienti sfarzosi con finestre che si aprono sul mare, dai colori anche un po’ finti, grandi svolazzi di tende. D’accordo che tra le case di produzione compare la “Saint Laurent Productions” ma per i primi trenta minuti, o giù di lì, sembra di assistere a un lungo spot di un profumo o di un abito. Noioso. Poi la storia ha inizio, si ha un po’ di respiro dall’estetica a tutti i costi. E però arriva la simbologia: Luisa Ranieri trasformata in una brutta copia di Sofia Loren, Isabella Ferrari ricoperta da una maschera sul viso, poi la brutta scena dell’accoppiamento tra giovani di famiglie di camorra differenti, per arrivare a una strana creatura dall’aria garroniana che suscita domande e poco convince. Divertenti invece le scene con il professore universitario, un grande Silvio Orlando: questo è l’unico elemento bello (senza estetismi) e naturale, così come naturali sono le scene con John Cheever (un monumentale Gary Oldman). Per il resto tutto sembra finto, posticcio, farlocco: dai dialoghi, alle immagini, al mare troppo blu/verde, ai colori pastellati d’arancio. Nel cast molto brava, oltre che bella, Celeste Dalla Porta; inoltre Stefania Sandrelli, Peppe Lanzetta, Nello Mascia. Presentato al cinema avrà un passaggio successivo anche su Netflix dove, se proprio vorrete potrete vederlo.
Recensione del Conte Adriano Cavicchia Scalamonti, 8.11.2024