Un calvario senza fine
Pubblicato su Il Giorno, rubrica Inter nos- 16 aprile 2004
Se c’è una cosa fastidiosa nel mondo del pallone sono quelli che si vantano di aver detto una cosa per primi. Siano tifosi, giornalisti, dirigenti. In centinaia di trasmissioni di calcio parlato tutti diciamo tutto e il contrario di tutto. Stavolta però devo imitare quelli che non sopporto e dire che certi allarmi sull’Inter li avevo lanciati da questa rubrica in tempi non sospetti. Dopo la doppia eliminazione da Champions League e giro scudetto, temevo molto per la tenuta psicologica della squadra. Sia chiaro: non dico di essere stato il primo a dirlo, perché sicuramente ci saranno stati altri mille che avranno scritto o pensato quello che sto per ripetere. Nel periodo in cui l’Inter perdeva una gara via l’altra rotolando in classifica, avevo però sottolineato il pericolo che campioni affermati, sfumati i traguardi più importanti, si trovassero in difficoltà ad inseguire quelli meno prestigiosi, leggi quarto posto in campionato e Coppa Uefa. Avevo scritto che l’Inter ha campioni, veri o presunti, abituati mentalmente a lottare per lo scudetto o per la Champions League, cioè per il massimo. Giocatori che, guarda caso, appena incappati nelle due batoste decisive, cioè l’eliminazione dalla Champions con la Dinamo Kiev e la sconfitta con la Lazio, che ha definitivamente chiuso la rimonta scudetto, si sono sciolti come burro. Perché chi si chiama Vieri o Cannavaro, e ne cito due assolutamente a caso, vive sempre per aggiudicarsi il piatto grosso, il traguardo che conta ed è chiaramente in difficoltà se, improvvisamente, si trova a rincorrere gli avanzi di stagione, cioè Coppa Uefa o quarto posto. Non dico che lo facciano apposta ed è probabile che questo possa accadare ai campioni di tutte le squadre o quasi ma, alla fine, è andata proprio così. O vogliamo davvero giustificare tutti i guai di questa annata nera solo con gli infortuni? Per favore siamo seri. L’Inter è uscita dall’ultima Europa meritando di andare a casa: nelle due partite il Marsiglia ha giocato meglio. Doveva vincere 2-0 al Vèlodrome, ha raddoppiato a San Siro. E io non voglio e non posso credere che la sconfitta dell’Inter si debba solo al cretino di Perugia che ha tirato una bottiglia di birra in testa a Vieri. Questo mica era il Marsiglia degli anni Novanta: quello con Boli, Voeller, Desailly e Abedì Pelè, quello Campione d’Europa insomma. Questo era proprio un ‘Marsiglietto’, senza neppure il grande Drogba dell’andata. Stavolta la mazzata è tremenda, e ha probabilmente cambiato anche il futuro di Zaccheroni. E’ possibile che su questa ultima l’Inter abbia influito anche il clima di Coppa Uefa, sicuramente meno stimolante per i calciatori, di quello di Champions. E nessuno dice che il processo mentale sia consapevole. Mica lo fanno apposta. Però sono professionisti, direte voi, ed è giusto. Ma forse solo i grandi professionisti, quelli davvero grandi però, riescono ad esprimersi con identiche motivazioni sia a Broadway, sia nel piccolo teatrino dell’oratorio. L’Inter, se andate a vedere, ha cominciato a sprofondare non appena ha smesso, numeri alla mano, di pensare a scudetto e Champions League. E adesso, vivere solo per il traguardino del quarto posto è proprio il segno di una stagione andata in fumo.
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