‘L’ora’ di Claudio Garioni
Pubblicato su Corriere della Sera, 8 giugno 2005
60 minuti. Il tempo di pensare a quanto dura un’ora e sono già diventati
59. Tre sono perfetti per il ricordo del sole che quel giorno illuminava la Galleria e per il piacere di sentirlo battere sulla pelle.
56. Otto fuggono via palindromi e tondi come le curve di Anna dai capelli di guglie, gli occhi neri di strade poco illuminate, l’espressione di una decisione solida più del Castello, gli abiti cuciti con ago e filo attorno ai fianchi simili a quelli delle modelle di via della Spiga.
48. Due minuti soffici per i panzerotti addentati da Beppe con la conseguente sorpresa attesa di mozzarella e pomodoro mentre mi parla del suo progetto e guarda Anna. 46. Sicuro, puliti, tutto bene. Parole che riecheggiano ancora distinte nel cd masterizzato dalla mente. In sottofondo, invece, resta confusa la voce del cronista proveniente dalla tv che racconta i 5 minuti di recupero di un derby che non avrei dovuto perdere per sentire Beppe.
41. Dieci religiosi minuti si innalzano per un rosario di pensiero rivolto alla Madonnina che osserva tutto quello che succede nella sua ombra. Dove guardava quel giorno? Forse…
31. …dormiva. È notte. Pochi rumori possono svegliarla: i tasti battuti con frenesia nelle redazioni dei quotidiani, un brindisi di compleanno forzatamente felice in un pub, lo schiocco dolce di un bacio alla fermata del tram vicino all’Arena.
28. Le quattro ruote dell’auto di Beppe frenano davanti al bar scelto per il ritrovo. Esco ed entro in macchina. È il punto di non ritorno.
24. Mi ricordo quando ho comprato il paio di collant. Sarebbe stato molto meglio vederli sulle gambe di Anna che come copertura contro l’occhio in bianco e nero puntato verso di me.
22. Due minuti infiniti per auscultare un pezzo di ferro con lo stetoscopio. Passarlo sul mio cuore è inutile. Lo sento in gola.
20. Uno terribilmente caotico per l’esplosione travolgente di pensieri nel momento in cui è scattato l’allarme.
19. Sette per la collezione umana di peccati che mi circonda adesso.
12. Sei scorrono lenti come gli anni immobili passati da allora.
6. Uno per il consiglio di mia madre quando ero piccolo: “Non fare tardi”.
5 ancora. Come i giri della lancetta dei secondi in cui avrei dovuto scappare dopo quella rapina.
3 ce ne hanno messi i carabinieri ad arrivare.
2 le lettere che con un “no” avrebbero cancellato tutto questo.
1 minuto ed è finita, il tempo di coltivare e abbattere l’idea d’evasione.
L’ora d’aria, qui a San Vittore, non basta mai. Mi sento già soffocare.
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