Ciao Giacinto!
In gergo giornalistico si chiamano ‘coccodrilli’ e giacciono pronti nelle redazioni fino al momento in cui va in scena l’ultimo atto di un personaggio pubblico. Fin dalla fine di aprile, quando ho saputo del male terribile che aveva ghermito Facchetti, non ho mai voluto scrivere nulla del genere su di lui, perché Giacinto lo conoscevo fin da bambino più per cose di tennis che di calcio. Il tennis è stato l’altra grande passione della sua vita. Cominciata la partita più terribile, la mia scelta è stata il silenzio totale: lo gradiva la famiglia e lo imponeva la deontologia della mia professione. In alcuni frangenti, il personaggio pubblico deve restare privato. Giorno dopo giorno Giacinto ha lottato come un forsennato, con straordinario coraggio, contro il male vigliacco e bastardo, prolungando la terribile partita ai supplementari, mentre qualche sciacallo via mail annunciava alle redazioni la sua ‘finta’ morte, orecchiata da un cugino infermiere a Bergamo o da uno zio in dialisi a Treviglio. Se non ce l’ha fatta Giacinto, nessuno poteva. Ci lascia una bandiera del calcio e dell’Inter, issata a Treviglio, provincia di Bergamo, il 18 luglio 1942 e sventolata al mondo intero. Ha vinto tutto: 4 scudetti, 2 Coppe dei Campioni, 2 Coppe Intercontinentali e una Coppa Italia a fine carriera, ma ha vinto anche fuori dal campo, come marito di Giovanna e papà di Barbara, Vera, Gianfelice e Luca. 475 partite in serie A e 59 gol, in totale 634 partite e 75 gol, sempre con la maglia dell’Inter, ma anche in maglia azzurra Facchetti ha seminato e raccolto gloria: in nazionale Giacinto ha giocato 94 partite di cui 70 da capitano, è stato campione d’Europa nel ’68, vicecampione del mondo a Messico ‘70 e capitano non giocatore ad Argentina ‘78. Poi ha fatto il dirigente, 9 mesi all’Atalanta e un quarto di secolo, con varie parentesi, nella sua Inter, prima con Pellegrini e poi con Moratti, stimatissimo ambasciatore all’estero, presso Uefa e Fifa. Il 19 gennaio 2004 Moratti, ferito dalle critiche, gli aveva lasciato la presidenza dell’Inter ma, diversamente dalle attese, Giacinto si è rivelato un Presidente tosto, arrivando quasi alla rottura con lo stesso Moratti nella vicenda Zaccheroni-Mancini, e, quand’era il caso, prendendo per le orecchie Adriano e polemizzando con Galliani, Giraudo e Moggi. Il “Cipe”, come lo chiamava il Mago Herrera dopo che Lorenzo Buffon gli aveva storpiato il cognome in “Cipelletti”, amava andar via a larghe falcate come il mitologico Mercurio, quasi volando sui teatri del calcio, dove oggi ha lasciato una voragine nel cuore di tutti. Ciao Giacinto!
Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarneri, Picchi, Jair, Mazzola, Peirò, Suarez, Corso. L’ho scritta a memoria, la memoria di un ragazzino romano degli anni ’60. Facchetti, mito di tutti, ciao! Anche i laziali piangono. Stefano Disegni.
Un grazie particolare per questa mail al grande vignettista Stefano Disegni. Per il resto non c’è un preciso criterio di pubblicazione tra le centinaia di mail che ho ricevuto con una dedica, un pensiero o semplicemente un saluto a Giacinto Facchetti. Ne pubblico alcune, perché sono veramente tantissime, a prescindere dalla fede calcistica di chi ha scritto. In cuor mio sapevo che Giacinto aveva tanti amici. Grazie a tutti per il contributo.
GLR
Caro Gian Luca, abitando e frequentando gli stessi ambienti bergamaschi di Giacinto sapevo della sua malattia ma la notizia mi ha preso lo stomaco. Dio come sto male, anche se sono relativamente giovane: 36 anni! Lui è l’uomo dei Derby in bianco e nero, quelli veri, quelli senza beceri. Oggi perdiamo un altro pezzo di lealtà sportiva e di pacata intelligenza. Mi fa male, ho pianto come ho pianto per l’avvocato, anzi adesso che ci penso ho versato più lacrime nerazzurre che per il mio Milan, ma forse le lacrime non hanno colore e il colore che sento dentro oggi e solo nero senza strisce rosse. Con affetto.
Caro Gianluca (mi permetta per una volta il Tu informatico), da tifoso dell’Udinese, sono vicino a Te ed a tutti i tifosi nerazzurri per la scomparsa dell’amico Giacinto. Aveva l’età di mio padre, gli ero legato ancor di più per questo. Dopo Peppino, anche Giacinto. Forse hanno ragione a dirmi che il mondo dei giusti non è quello in cui sto scrivendo al computer. Spero vivamente che, a giugno, da lassù saranno almeno in due a sorridere. Franco
Non potevo crederci. Quando ho visto quella scritta in Internet non potevo e non volevo crederci. Ma purtroppo è la realtà. “E’ morto Facchetti”, così recita la notizia. Sono parole terribili, pesanti come macigni che ti schiacciano il cuore e non ti lasciano altra alternativa se non piangere. E’ difficile ora cercare di abbozzare un sorriso verso un uomo straordinario che ha fatto della sua professionalità e della sua gentilezza delle armi formidabili. Non potremo mai dimenticare il suo sorriso benevolo e la sua cordialità Il Presidente rimarrà sempre nei nostri cuori. E così, quasi in punta di piedi, lottando, senza farlo pesare a nessuno, contro un nemico invincibile, se ne va un grande uomo. Addio Giacinto, lasci la storia a testa alta ed entri di diritto nella leggenda! Non ti dimenticheremo mai.
Caro Gian Luca, io che ho 51 anni lo ricordo bene il Cipe, lui era uno dei simboli di quello squadrone, e mi sento come se avessi perso un fratello maggiore. E’ un po’ come se una parte di me sia morta con lui, anche se rimarranno i ricordi. Non voglio essere retorico ma, ti assicuro, è vero dolore quello che provo per un uomo buono e onesto che, voglio crederlo, in qualche modo vivrà ancora in un’altra dimensione. Pur nella drammaticità del momento voglio poter credere che se ne sia andato non solo col cuore gonfio di dispiacere per gli scandali vari del calcio, ma con qualcosa che può averlo inorgoglito, almeno in parte: la vittoria ai mondiali e lo scudetto dell’onestà alla sua Inter, tributo innanzitutto alla Sua persona e ora memoria. A risentirci Gian Luca.
Ho iniziato a seguire il calcio intorno all’anno 1972/73. Tifavo e da sempre tifo la Juventus. Quando giocava la nazionale, allora di sabato pomeriggio più delle volte, seguivo la partita in televisione con mio padre (pure lui Juventino). Facchetti giocava già nel ruolo di libero. Benchè capissi poco di calcio e non conoscessi molti giocatori imparai subito il nome di Giacinto. Era il capitano, portava la fascia bianca e dava la mano all’arbitro e al capitano avversario. Imparai il suo nome per questo e per un particolare: quando le squadre avversarie attaccavano e si rendevano pericolose io schizzavo in piedi sulla sedia, preoccupato per eventuali gol in arrivo. Mio padre, seduto diceva ‘…el ghè Facchetti…prima de segnà el ghè Facchetti…’ e spesso era proprio il capitano a sbrogliare la situazione. E’ uno dei pochi ricordi di Facchetti calciatore vissuto in diretta, ma ricordo che la presenza di Giacinto non era mai oggetto di discussione. Lì ho capito che cosa significa essere ‘IL CAPITANO’. Una piccola proposta utopica….prima di accendere la televisione e guardare una partita, prima di andare la campo a tifare, per un attimo pensiamo e agiamo come avrebbe fatto Facchetti….se tutti lo facessimo il calcio sarebbe migliore…senza retorica. Un abbraccio a tutti gli interisti che hanno perso una VERA FIGURA DI RIFERIMENTO DEL NOSTRO CALCIO. UNA BANDIERA, MA SOPRATUTTO UN UOMO. Ciao da uno Juventino.
Ciao Gian Luca, trovo solo adesso le parole per descrivere il grande dolore che provo per la scomparsa del nostro grande Presidente Giacinto Facchetti. Un uomo vero, di quelli tutti d’un pezzo, come gli uomini di una volta. Conosco, per averci giocato insieme ad un paio di tornei dei Bar, il figlio Gianfelice che ha fatto il portiere, c’era pure Dario Passoni (giovanili Inter all’epoca, ora Livorno) in quella squadra. Una famiglia normale “alla buona” come di dice dalle nostre parti, abito a Groppello d’Adda a 2 km da Cassano d’Adda, che non faceva sentire per niente il peso della popolarità, come del resto lo fa la famiglia Passoni. Ti voglio raccontare un’aneddotto di quanto fosse “alla buona” il mitico Giacinto, che, quando circa un 23-24 anni fa, portava al campo il nipote che giocava nel F.C. CASSANO nella categoria sopra la mia, veniva vestito con una tuta blu anonima (non dell’Inter!!!!!) e quando c’era la partitella di noi all’epoca Esordienti (circa 14-15 anni) contro i Giovanissimi di suo nipote, giocava con noi più piccoli, mentre il nostro allenatore faceva l’arbitro. Lui giocava da libero ed io da terzino destro nelle partitelle, mai un rimbrotto (come invece faceva spesso il mio allenatore), mai un appunto, sempre col SORRISO FIERO, e secondo me felice, di un uomo, ma anche campione, che si mischiava con noi ragazzini e dispensava sorrisi e schiacciate d’occhio a chi sbagliava. Poi alla fine dell’allenamento, mentre noi eravamo negli spogliatoi, si fermava col nipote a calciare con lanci precisi di 20-30 metri per allenarlo alla precisione. Ecco, custodirò gelosamente nel mio cuore il ricordo di quelle “partitelle” con uno dei miei miti del calcio, insieme a Beccalossi, Altobelli, Bergomi, Mattheus, Berti e J. Zanetti, uomini veri, ma soprattuto veri interisti, che hanno segnato la mia adolescenza e poi giovinezza. Grande GIACINTO, mi mancherai…
Roberto