Facchetti inedito
Il collega Marco Liguori mi ha mandato questo suo ricordo di Giacinto in Nazionale. Marco era bambino e quella sera si trovava con il papà al San Paolo di Napoli per la semifinale Italia-Urss di Euro ’68, decisa da una monetina! Lo pubblico, oltre che per amicizia, anche perché ritengo sia un episodio sconosciuto ai più. Buona lettura.
Il nome di Giacinto Facchetti in Nazionale resterà per sempre legato alla vicenda della monetina nella semifinale del Campionato Europeo del 1968. Fu un’occasione concreta di riscatto dopo la figuraccia dei mondiali inglesi del 1966, con l’eliminazione dell’Italia di Edmondo Fabbri ad opera della Corea del Nord. Per conquistare la “Coppa Henri Delaunay”, intitolata al nome del defunto segretario della Federazione Francese e dell’UEFA, che promosse la competizione, bisogna affrontare nel girone di qualificazione Romania, Cipro e Svizzera. La Nazionale allenata da Ferruccio Valcareggi supera agevolmente il turno, vincendo cinque gare su sei, e conquistando l’accesso ai quarti di finale contro la Bulgaria. I nostri segnando diciassette gol: sei del grande “rombo di tuono” Riva, cinque di Mazzola, tre di Domenghini, uno a testa, Depaoli e Bertini. Realizzò una marcatura anche Facchetti: fu nella partita a Nicosia contro Cipro. In quel campionato europeo lo Stadio San Paolo di Napoli portò fortuna alla Nazionale: dopo aver strapazzato per 3 a 1 la Romania, gli azzurri superarono il 20aprile 1968 sotto il Vesuvio 2 a 0 la Bulgaria nella partita di ritorno dei quarti di finale, dopo aver perso malamente l’andata per 3 a 2.La fase finale si disputò in Italia, per celebrare i settanta anni della Figc. E’ una grande occasione per la Nazionale, che non vince più una competizione internazionale dal 1938, quando gli azzurri di Vittorio Pozzo vinsero il secondo titolo mondiale. Ancora una volta, la nostra Nazionale giocò il 5 giugno al San Paolo in semifinale contro la temibile Urss. Chi scrive aveva sei anni e sedeva accanto al suo papà nei distinti. Ricordo la folla esaltante che avvolge la partita, con gli spalti riempiti di mille bandiere tricolori: l’amore di noi napoletani per la Nazionale è (posso dirlo senza tema di smentita) pari a quello per il Napoli. Secondo le cronache del tempo, gli spettatori erano 75mila. Mancava il “Ragno nero” Lev Yaschin, ma ci sono giocatori di assoluto valore, come il capitano Scesternev, gli attaccanti Baniscevski e Logofet. I sovietici praticano un gioco rude, che imbriglia a centrocampo i nostri: gli avversari picchiano duramente Rivera e Mazzola, ancora non “vittime” della staffetta valcareggiana, e contengono le galoppate di Domenghini. Sulla Nazionale si accanisce anche il destino: si infortuna Rivera. All’epoca non sono ancora ammesse le sostituzioni (lo saranno soltanto nei Mondiali di Messico ’70), e così il “Golden boy” si sistemò sull’ala sinistra, restando praticamente fermo: gli azzurri sani sono soltanto in dieci. Nonostante questo grave handicap, la nostra squadra riesce a giocare in contropiede: un palo di Domenghini fa disperare i 75mila spettatori del “San Paolo”. Nemmeno dopo i tempi supplementari ci fu un vincitore: l’arbitro della Germania Ovest, Tschenscher, fischia la fine delle ostilità dopo 120 minuti tiratissimi e chiamò i capitani per recarsi negli spogliatoi. Per i regolamenti dell’epoca non erano ancora previsti i calci di rigore: l’esito dell’incontro fu deciso con il lancio della monetina. Si affidò al “destino cinico e baro” la sorte di due nazionali grandi protagoniste di quella edizione degli Europei.Ricordo che nell’attesa del verdetto della sorte, dominava un silenzio quasi irreale sugli spalti delle tribune del San Paolo. Tutto sembrava come il responso della Sibilla Cumana: in fin dei conti lo stadio, sito nel quartiere di Fuorigrotta, non è molto distante in linea d’aria da Cuma, dove c’era uno degli oracoli più famosi dell’antichità. L’arbitro tedesco Tschenscher lanciò la monetina in aria, davanti ai capitani Facchetti e Scesternev. Secondo i cronisti del tempo, dopo il primo lancio la monetina rimase in bilico in una fessura del pavimento. Il destino non voleva ancora dare il suo giudizio definitivo. L’arbitro ripetè il lancio: ma in questo caso dominò il lato scelto dal Giacintone nazionale. Dopo pochi secondi, il capitano e, gli altri azzurri si precipitarono in campo con le braccia alzate. Ricordo che il pubblico esplose in un boato liberatore, ancor prima che gli altoparlanti proclamassero l’esito del sorteggio. Fu forse San Gennaro a dare una mano alla Nazionale o forse, la stessa Sibilla, oppure gli scongiuri di tutti noi napoletani che attendevamo trepidanti sugli spalti. Fatto sta che l’Italia volò verso la finale di Roma contro la Jugoslavia, dove vinse per la prima volta il Campionato Europeo: anche Facchetti aveva dato, e non solo con la sua “ars pedatoria”, il suo decisivo contributo.
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