Supercoppa Italiana a Pechino
L’Inter riaccende i motori contro la Lazio per la Supercoppa Italiana, che si gioca in Cina. Magari presto vedremo il Superbowl a Napoli, in omaggio allo sport-business che da tempo ha trasformato gli spettatori in tele-spettatori. Sulla carta non c’è partita: nemmeno un calciatore della Lazio sarebbe titolare nell’Inter e trovo particolarmente azzeccata la vignetta di Valerio Marini, che ha rivisitato in chiave calcistica il celeberrima scatto del fotografo dell’Associated Press Jeff Widener in Piazza Tian’an’men, con lo studente cinese che affronta disarmato una colonna di carri armati. Tenete presente però che siamo solo all’inizio di agosto e per di più in un ambiente inedito, a quasi 9.000 km da casa, circondati da un oceano di cinesini e non dai soliti Ambrogio o Romoletto coi rispettivi cuscinetti sotto le ascelle. Più che le rose qui contano le motivazioni e la Lazio giocherà la partita della vita. L’Inter dovrebbe evitare di affrontare l’impegno come qualcosa che sta che una formalità e seccatura. Non che abbia segnali in questo senso, ma ultimamente vedo troppi interisti imborghesiti dagli scudetti a raffica. A sentire gli accaldati appassionati nei bar dello sport di una Milano non ancora deserta, per l’Inter ormai c’è solo la Champions League. Col cavolo, dico io! Per l’Inter c’è tutto, e finché la vecchia Coppa dei Campioni verrà vissuta dall’ambiente come un’ossessione, campa cavallo. La Champions tornerà nerazzurra quando si smetterà di temerla. Tengo invece moltissimo a questa Supercoppa, che sarebbe la quinta in bacheca. E voglio vedere subito se Mourinho ha già preso le misure di una squadra che è senz’altro più ‘sua’ di quella di un anno fa, quand’era tutto nuovo per lui. Finora, lo Special One ha fatto più il fuoriclasse davanti ai microfoni che in panchina. Ora deve rivincere, ma anche convincere. La squadra perfetta, e Mourinho dovrebbe saperlo bene, non esiste, ma esiste la squadra perfettibile, quella che tocca all’allenatore far rendere al massimo. La Lazio invece non sono mai riuscito a farmela stare antipatica: la prima squadra che ho ammirato è stata proprio la Lazio dei primi anni ’70, quella di Tommaso Maestrelli e il famigerato 5 maggio non mi ha certo fatto cambiare idea. In più ora ci gioca pure Julio Cruz, uno dei miei preferiti, uno pericoloso soprattutto quando ha sete di vendetta. Comunque vada, vinca il migliore: speriamo di no, diranno quelli della Lazio, prendendo a prestito la risposta resa celebre dal grande Nereo Rocco.
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