Argentina, Clausura: River retrocesso agli spareggi
di Andrea Ciprandi da http://andreaciprandi.wordpress.com/ e www.riverplate.com
Ci vuole coraggio a sostenere quanto segue, ma dopo tanta disonestà, incompetenza e incapacità di reagire equamente distribuite fra protagonisti più o meno diretti del Mondo River recente, il tutto senza precedenti, ci voleva una tragedia per tornare a sperare nella resurrezione. E tutti sappiamo che per resuscitare bisogna prima morire, che è quanto accaduto ieri al Monumental.
Della cronaca si potrebbe, anzi si dovrebbe fare a meno. Non fosse che da essa sono venute le conferme ai risultati della conduzione del Club da anni a questa parte, sia dentro che fuori dal campo. Sì, perché le radici stanno nell’interminabile presidenza delinquenziale di Aguilar e dei suoi per passare poi a quella di Passarella, che anche a coloro che l’hanno sostenuto adesso dovrebbe risultare evidente quanto sia stato un semplice palliativo dopo i precedenti, infami otto anni – durante i quali si è anche vinto ma si sono innanzitutto accesi fuochi di paglia e nulla più, destinati a estinguersi come puntualmente è accaduto.
La cronaca, dicevamo. Fatta eccezione per una dimostrazione di volontà apparsa encomiabile principalmente perché era mancata negli ultimi mesi, la squadra ha comunque girato bene giusto una ventina di minuti nella seconda metà del primo tempo. Per il resto, se le due squadre si fossero scambiate le maglie non sarebbe cambiato molto. Il gol di Pavone e la miseria di un paio di conclusioni pur fuori di pochissimo hanno ricalcato il copione seguito dalla squadra durante tutto il semestre. Così come, va detto, le sviste dell’arbitro, nell’occasione Pezzotta: su tutte un nettissimo rigore su Caruso, negato, e un rosso risparmiato a Lollo, entrambi episodi che avrebbero potuto accrescere il vantaggio della Banda, già avanti nel risultato, e che la dicono lunga sui presunti appoggi in alto di cui godrebbe il Club, come anche in Italia qualcuno in settimana aveva avuto l’impudenza di scrivere con una retorica che si commenta da sola. In quanto al gioco, però, siamo alle solite: scarsissima contundenza e altrettanta jella. Ma si sa, la fortuna è gli audaci che aiuta… Veniamo così al gol del pareggio, subito a metà della ripresa ma che avrebbe potuto arrivare anche prima su un buco di Arano, scaturito dall’ennesima papera difensiva, questa volta un inconcepibile quanto sciagurato rinvio di J.M. Diaz addosso a Ferrero con rimpallo che ha liberato al tiro Farré. E poi il rigore fallito da Pavone, con cui personalmente mi sento comunque di solidarizzare, che è stato la secchiata d’acqua capace di spegnere definitivamente il fuoco di paglia di cui sopra.
Diciamocelo, dopo l’ottava partita consecutiva senza vittorie in una stagione che prevede poco più del doppio degli impegni bisogna arrendersi.
A monte però, per venire ai disastri combianti fuori dal campo, le solite scelte sconclusionate di J.J. Lopez che, dopo i ragazzini gettati nell’arena all’andata, questa volta ha penasato di affidare la manovra di centrocampo alla coppia Arano-Affranchino… e non solo per l’indiponibilità forzata di Almeyda e Ferrari. Inoltre, di nuovo escluso Funes Mori dopo che Buonanotte già non faceva più parte del gruppo da due settimane e, andando indietro nel tempo, a Ortega col suo genio si era già rinunciato a gennaio.
Ma alla fine dei conti cosa si poteva pretendere da una cozzaglia come questa? Giusto un paio di campioni oltretutto al limite delle proprie forze, un’infornata di giovani talenti che per mancanza di esperienza sono stati però troppo spesso annientati da avversari magari scarsi ma navigati e per finire altrettante mezze figure a cui tutto sommato non si può rinfacciare di averci potuto solo provare. Si vergogni chi li ha scelti, semmai! La realtà è che sotto le undici maglie con la banda rossa che di volta in volta sfilavano sui campi d’Argentina non c’erano giocatori che nel complesso potessero animare un vero River, l’ultimo di 110 anni di storia durante i quali mai ci si era allontanati tanto da un’identità.
A poco vale pensare a illustri, anche recenti predecessori in questa discesa all’inferno che tanto sollazzo dà agli avversari. Dei nomi di Milan, Manchester United, Corinthians, Vasco da Gama e Juventus a cui proprio nelle ultime settimane se ne sono sommati altri un po’ meno gloriosi ma pur sempre clamorosi, dal Monaco al Deportivo La Coruña, al West Ham, alla Sampdoria, nessun ‘millonario’ se ne fa nulla in queste ore. Ma alla luce di tanti casi che sembravano impossibili sono proprio i superstiti di oggi, coloro che da qualche ora stanno godendo di una gioia impensabile, a dover vigilare. Del River in B si potrà ridere, ma del Club nel suo complesso e della sua storia, della sua importanza imprescindibile nel calcio praticamente da sempre, no. E se nemmeno queste hanno potuto qualcosa di fronte alla pessima gestione di una misera manciata di anni rispetto a un secolo abbondante di fasti e cultura sportiva allora sarà davvero il caso che gli altri vadano oltre gli sfottò e inizino ad ammettere tutto il male che trasversalmente sta attraversando l’ambiente calcistico, al di là dei titoli di certi giornali favorevoli e dei panni sporchi nascostanmente lavati nei corridoi di numerosissimi Club. Il River è collassato, ma gli è solo andata male rispetto a tanti altri.
Detto questo, ci sarà molto di cui discutere da qui in poi a partire da una situazione finanziaria deficitaria che potrebbe aprire scenari anche peggiori, ma al momento, oggi, data anche l’emozione, resta poco da aggiungere.
Solo un’ultima considerazione: che cadano le teste che devono, ma che quelle di chi da sempre giura fedeltà alla causa ‘millonaria’ nel bene e nel male, ora che si è arrivati al peggio, restino bene alte!
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