Argentina: i 100.000 del San Lorenzo

di Andrea Ciprandi da http://andreaciprandi.wordpress.com/

Lo scorso 8 marzo, a Buenos Aires, si è svolta una manifestazione senza pari nella storia calcistica d’Argentina e del mondo. Centomila e più tifosi del San Lorenzo de Almagro provenienti da ogni angolo della capitale e del paese si sono infatti radunati prima di fronte al Municipio e poi a Plaza de Mayo, tradizionale luogo di raccolta in occasione delle maggiori mobilitazioni popolari, per appoggiare la cosiddetta Legge di Restaurazione Storica.
Si è trattato della quarta marcia oceanica organizzata dal popolo rossoblù e questa volta l’evento ha coinvolto addirittura il triplo della gente che aveva detto ‘presente’ in passato, quando comunque non si sono mai contate meno di alcune decine di migliaia di dimostranti. Per capire cosa c’è dietro a un fenomeno di queste proporzioni occorre però andare oltre i numeri, di per sé impressionanti, e ricordare quanto accaduto negli ultimi trent’anni a uno dei club più gloriosi d’Argentina.

Buenos Aires è una città come poche altre al mondo. Estesa com’è, ospita innumerevoli comunità sociali ed etniche che spesso mantengono precise connotazioni culturali e soprattutto restano radicate su particolari porzioni del territorio dette ‘barrios’. Ancor più che a Londra, Montevideo, Rio de Janeiro o San Paolo, a Buenos Aires le squadre di calcio sono spesso reali espressioni del quartiere in cui giocano. A fronte di quarantotto ‘barrios’, l’esistenza di addirittura venti club fra quelli iscritti ai maggiori campionati professionistici nazionali che giocano entro i confini cittadini rende intuitiva la rappresentatività di un singolo quartiere da parte della maggior parte di essi. In rigoroso ordine alfabetico, sono All Boys, Argentinos Juniors, Atlanta, Barracas Central, Boca Juniors, Comunicaciones, Defensores de Belgrano, Español, Excursionistas, Ferro Carril Oeste, General Lamadrid, Huracan, Nueva Chicago, River Plate, Paraguayo, Riestra, Sacachispas, San Lorenzo de Almagro, Velez Sarsfield e Yupanqui. A queste squadre ne andrebbero poi aggiunte almeno un’altra quarantina, per arrivare su per giù a sessanta, considerando anche quelle che giocano nelle immediate vicinanze della capitale e cioè la cosiddetta Gran Buenos Aires. Fra esse spiccano certamente quelle del sud, alcune delle quali note al grande pubblico per i tanti successi ottenuti e altre invece conosciute anche da noi per aver dato giocatori a squadre italiane o invece averne accolti alcuni dai trascorsi in Serie A. E’ il caso rispettivamente di Independiente e Racing, entrambe del ‘partido’ di Avellaneda che confina col quartiere della Boca, e di Banfield e Lanus.
Animati come tutti dall’identificazione nel territorio e nel club che lo rappresenta, nel 2005 tifosi e dirigenti del San Lorenzo de Almagro organizzati in diversi gruppi (apolitici e legati più o meno direttamente al club ma comunque da esso riconosciuti) iniziarono a fare pressione sulle istituzioni cittadine per tornare al quartiere da cui proviene il club.

Il motivo è presto detto e decisamente comprensibile, anche se non tutti avrebbero poi saputo organizzarsi con altrettanta efficacia. A cavallo degli anni Settanta e Ottanta, lo storico stadio denominato Gasometro che sorgeva a ridosso di Avenida La Plata e in cui la squadra giocava del lontano 1916 fu prima chiuso e poi abbattuto per lasciare il posto di lì a breve, al termine di una serie di vendite più o meno trasparenti, a un supermercato Carrefour. Alla base, uno scellerato accordo fra alcuni dirigenti del club e la dittatura del tempo, che aveva annunciato apparentemente inevitabili stravolgimenti urbanistici atti a modernizzare la zona ma che invece mirava a soffocare un ambiente sociale e sportivo largamente riconosciuto avverso ad essa come nessun altro nella capitale e non fece altro che favorire l’acquisizione finale di quel terreno da parte della multinazionale francese, che nel frattempo aveva potuto beneficiare del permesso di erigere edifici commerciali e non più con scopi sociali. Non si aprirono quindi nuove strade né si costruirono abitazioni e scuole come stabilito da un’apposita legge poi ignorata: semplicemente, al posto dello stadio argentino forse più famoso di sempre sorse il primo di una serie di supermercati di proprietà straniera che nel giro di qualche decennio avrebbero soppiantato la maggioranza di quelli argentini, crescendo come funghi in ogni angolo di un paese la cui svendita era evidentemente iniziata – e non è ancora terminata.

Conseguenza di quello strazio fu la perdita di un luogo la cui importanza culturale andava ben oltre quella sportiva. Con un campo da gioco enorme, più grande di quello del Camp Nou di Barcellona, e spalti in legno e ferro da settantacinquemila posti, il Gasometro era luogo di ritrovo anche in occasione di svariate manifestazioni artistiche, molte delle quali musicali e in particolare di ballo. Sorgeva nel cuore di Boedo, ‘barrio’ che in principio era parzialmente ricompreso in quello di Almagro (che per questo compare nella denominazione del club) e la cui imprescindibile importanza storica è testimoniata dall’essere menzionato in uno dei brani di tango più famosi di sempre vale a dire ‘Sur’, scritto e musicato rispettivamente da Homero Manzi e Anibal Troilo. Con l’abbattimento di questo impianto, quindi, si strappò letteralmente il cuore a un’intera comunità. Ma non solo. Ci furono anche ripercussioni pratiche: limitandosi anche solo all’aspetto sportivo, la squadra patì addirittura una retrocessione (la prima di una cosiddetta grande dal calcio argentino che fra l’altro si sta cercando di non ripetere questa stagione) e fu costretta a girovagare per campi diversi nel corso di più di un decennio prima che si costruisse un nuovo stadio un paio di chilometri più a sud, a Bajo Flores.

La cosiddetta ‘vuelta a Boedo’, cioè il ritorno al quartiere originario che passa necessariamente per l’approvazione e l’applicazione della citata Legge di Restaurazione Storica, è quindi un fatto culturale e non solo meramente calcistico. A conferma poi della sua nascita spontanea, che è un valore aggiunto, sembra accertato che se ne parlò per la prima volta già alla fine del 1998 allorché lo storico e socio del club Adolfo Res, destinato a diventare una delle figure di riferimento, dichiarò “E’ possibile tornare ad Avenida La Plata, è possibile fare ritorno alla nostra Terra Santa”. Oggi, a distanza di quasi quindici anni, si può dire che il movimento a cui si è dato vita non ha pari in tutta la storia del paese e nemmeno in confronto a quanto mai fatto in qualsiasi altra parte del mondo. L’intervento del nuovo presidente e le donazioni di alcuni facoltosi tifosi, fra cui il noto attore Viggo Mortensen, hanno già permesso di riacquistare una prima parte dei due isolati della discordia. Così adesso esiste la cosiddetta Plaza Padre Lorenzo Mazza, intitolata al sacerdote per iniziativa del quale nel 1908 si ufficializzò l’esistenza del club – che sotto vari nomi e senza una vera e propria organizzazione esisteva già da alcuni anni. Apposite commissioni, nel frattempo, affiancano il club nelle trattative col governo locale al fine di ottenere l’esproprio dell’intero terreno nell’ambito di un’operazione che è stata a ragione definita di restaurazione, piuttosto che restituzione, storica. E si moltiplicano le iniziative a sostegno della causa, che sono anche un modo per mantenere viva una tradizione attraverso l’espressione del fortissimo senso di appartenenza e radicamento territoriale di cui si diceva.

Come riportato in apertura, le marce organizzate sono adesso quattro. L’ultima, però, ha avuto luogo col Carrefour della discordia chiuso già da qualche mese, apparentemente per rendere possibili alcuni lavori di ristrutturazione. E non avendo ancora riaperto, il mistero circa questa situazione e l’inevitabile considerazione che si deve avere delle recriminazioni ‘sanlorencistas’ sta alimentando ancor più le aspettative dei tifosi.

Archiviata l’ultima marcia, torniamo  alle altre iniziative, quelle durature nel tempo. E’ stata infatti creata una vera e propria rete sociale fatta anche della gestione di biblioteche di cui una intitolata al compianto scrittore Osvaldo Soriano, tifosissimo rossoblù, corsi scolari e assistenza per l’impiego, nel segno evidentemente del club anche se sarebbe più opportuno dire di qualcosa di molto più ampio, di cui il club fa parte e per cui (anche) il club esiste. Inoltre, venendo più strettamente alla causa del San Lorenzo, è stata allestita una campagna di sensibilizzazione passata fra l’altro per una massiccia raccolta di firme per tutta Buenos Aires. Vengono poi regolarmente organizzati eventi sportivi, musicali e artistici in genere là dove sorgeva e auspicabilmente tornerà ad essere eretto il Gasometro: la gente si riunisce frequentemente su Avenida La Plata per assistere ad esibizioni e spettacoli nel segno del cosiddetto ‘Ciclon’ e del suo sogno, piuttosto che per metterli direttamente in scena – si tratta di una partecipazione che coinvolge gente cosiddetta comune ma anche i tanti atleti di ogni età che fanno parte del club (che è una polisportiva) e l’ultima iniziativa risale agli scorsi 18 e 19 febbraio. Come a dire che il fuoco sotto la brace non si è mai spento e che la vita non si è mai fermata.

Al di là dei particolari sviluppi che avrà la vicenda, quanto sta succedendo è già di per sé un segnale di grande speranza. Accanto all’azionariato popolare, che è stato alla base del rifiorire di alcuni club, l’esempio di Boedo induce a credere che un’umanizzazione del calcio in chiave di recupero di tradizione e identità sia possibile e che la discesa in campo (e quando serve in piazza) di tifosi animati da spirito costruttivo e non soltanto polemico possa essere un’altra valida via da percorrere. Chi conosce l’Argentina sa bene quanto la partecipazione di massa sia un marchio di fabbrica del paese. Ma la ‘vuelta a Boedo’ e tutto quanto si sta facendo per assicurarsela non è stupefacente solo perché ha assunto il carattere tipico della protesta come viene intesa laggiù: ha un grandissimo valore sociale a prescindere perché, prima di qualsiasi altra cosa, è la prova della sopravvivenza di un certo spirito ai tanti soprusi indotti dalla politica e con essa soventemente da un mercato che ha più volte fatto scempio dello sport in nome del profitto. E questo aspetto non ha confini.

5 Commenti su Argentina: i 100.000 del San Lorenzo

  1. Javier // 12 marzo 2012 a 23:32 //

    Grazie Andrea !!!!!!!!!!

    Estamos muy contentos por todo lo que esta pasando !!!

    Te agradecemos de corazón por la calidad de la nota y por como te informás !!!

    Un abrazo gigante !!!!!!!!

  2. Rodrigo // 13 marzo 2012 a 23:41 //

    Gracias por mostrar nuestro sentimiento al mundo. Como nieto de Napolitanos, me siento orgulloso de compartir esta pasion. Aguante San Lorenzo , Forza Italia!

  3. Federico // 14 marzo 2012 a 04:43 //

    Excelente una vez mas Andrea!
    Abrazo
    Fede

  4. Matteo // 25 marzo 2012 a 11:29 //

    Quiero agradecerte Andrea, soy italiano vivo en Milàn y me gusta mucho el football argentino no solo por la cancha sino por todo lo que hay detràs.
    Espero leer muchas veces lo que escribes ….en Italia hay mucha gente a la que les gusta
    el football argentino.
    un saludo
    Matteo

  5. José Bono // 4 febbraio 2015 a 22:41 //

    Grazie Andrea! come tifoso del San Lorenzo mi hai fatto emozionare. Tutto quello che hai scritto è vero e bello. Volveremos a Boedo.

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