Estero: Chi comanda in città?
di Andrea Ciprandi da http://andreaciprandi.wordpress.com
Ci sono città in cui la supremazia calcistica di una squadra sembra scontata.
Per la maggior parte della gente dire Madrid è dire Real, dire Liverpool è dire Reds. Monaco di Baviera, Bayern. Manchester, United. Rio de Janeiro, Flamengo. Lisbona, Benfica. Londra, Arsenal. Sono tutte città in cui si sono vinti tantissimi campionati e coppe internazionali e l’impressione che si ha circa l’egemonia di un determinato club dipende spesso dalle grandi affermazioni ottenute da questo nel corso del tempo.
Pensando alle principali città straniere con maggiore tradizione calcistica, a Monaco non c’è confronto fra il Bayern, club del momento a livello mondiale, e Monaco 1860. A Barcellona succede lo stesso fra Barcellona ed Espanyol e tutto sommato anche a Liverpool fra Liverpool ed Everton. Sostanziale equilibrio resta invece a San Paolo e Glasgow nonostante le vicessitudini dei Rangers.
Un po’ in virtù di recenti investimenti ma in alcuni casi anche solo di sapienti gestioni tecniche, però, sono proprio i risultati a indicare che altrove, ultimamente, le cose sono cambiate o sono sul punto di farlo. E talvolta in modo sorprendente, a dispetto della resistenza mentale dipendente dall’andamento dei decenni passati che impedisce ai più di dar credito a questa tendenza.
Il caso più eclatante è di sicuro quello di Madrid. Dopo gli esborsi faraonici di Florentino Perez, con l’arrivo di Mourinho e considerando la forza mediatica e politica del club, solo tre anni fa sembrava scontato che la supremazia cittadina del Real sarebbe stata confermata. E invece di recente a fare nettamente meglio è stato l’Atletico del presidente Enrique Cerezo, il cui periodo d’oro è stato suggellato dalla vittoria nell’ultima finale di Copa del Rey proprio sulle ‘merengues’. La capitale spagnola può fregiarsi di 14 delle tre maggiori coppe europee (di cui addirittura 9 Coppe dei Campioni, seconda dietro a Milano con 10), 41 campionati e 28 coppe nazionali. Alla conquista di tutti i massimi trofei continentali da parte del Real, però, si contrappongono gli ultimi quattro successi europei (2 Europa League e 2 Supercoppe) che sono tutti targati Atletico. Questo appena dal 2010 in poi, mentre i cugini riuscivano a portare a casa solo una Liga e una coppa nazionale, oltretutto non alzando più una coppa dall’ormai lontano 2002 allorchè fecero il pieno con Champions, Supercoppa e Intercontinentale.
Altra città in cui è proprio il caso di dire che sia avvenuto il cambio della guardia è Londra. Qui, dove pure il calcio soffre di un inevitabile complesso d’inferiorità rispetto alle città del nord, da sempre più vincenti, tradizionalmente è l’Arsenal a essere considerata la squadra di punta. Pur forte di 13 campionati, molti dei quali arrivati sotto la gestione di Wenger, che gli valgono il gradino più basso del podio dopo Manchester United e Liverpool, i Gunners non conquistano però un trofeo dal 2005 (FA Cup). Da allora, a vincere sono stati invece il Tottenham (League Cup nel 2008) e soprattutto il Chelsea. Quest’ultimo è reduce dalle vittorie consecutive di Champions League ed Europa League e sotto la guida di Mourinho prima e Ancelotti poi nell’ultimo decennio è stata l’unica squadra in grado di contrastare lo strapotere in Premier League di quelle di Manchester laureandosi campione ben tre volte. Con gli ultimi due successi europei, e forte di quelli in Coppa delle Coppe l’ultimo dei quali nel ’98 col trio italiano Vialli-Zola-Di Matteo, poi, può vantarsi di far parte del ristretto gruppo di club capaci di vincere tutte e tre le coppe europee (con Juventus, prima a realizzare quest’impresa già nel 1985, Ajax e Bayern). E a proposito di affermazioni continentali, limitandoci alle tre manifestazioni maggiori, sempre in ambito cittadino è sempre il Chelsea a dominare: quattro quelle dei Blues, con l’Arsenal che resta terzo con appena 2 dietro anche al Tottenham (3) e con appena una più del West Ham United.
A Lisbona l’impatto popolare del tifo per il Benfica fa il pari col lustro delle campagne europee di questo club negli Anni Sessanta, al punto che si continua a considerarlo come un grande del calcio mondiale nonostante da mezzo secolo non vinca altro che in Portogallo – dove ad ogni modo detiene tutti i record. Guardando anche solo a quanto raccolto in casa, comunque, complice la doppia disdetta al che proprio le ‘aquile’ hanno perso in pochi giorni non solo la finale di Europa League ma anche il campionato, appare chiaro che a Lisbona, di recente, lo Sporting meriti almeno altrettanta considerazione. I biancoverdi infatti hanno messo in bacheca due coppe nazionali (2007 e 2008) mentre il Benfica si è sì laureato campione portoghese nel 2010 ma prima di allora non vinceva nulla di importante dal 2005 e nemmeno poi ha più messo in bacheca nessun trofeo maggiore.
Un tentativo di sovvertimento delle forze è avvenuto a Manchester. Con lo United fresco campione d’Inghilterra, che da due anni è il club che più campionati ha conquistato e resta primo anche nella graduatoria dei vincitori della FA Cup, ancora dietro al Liverpool in quanto a Coppe dei Campioni ma pur sempre vincitore di tre e finalista tre volte nelle ultime sei stagioni, il predominio cittadino è chiaro e per moltissimi anni non si è pensato che potesse essere messo in discussione. Con Mancini, però, il City nel 2012 ha rivinto il titolo dopo quasi mezzo secolo, l’anno prima aveva rialzato la FA Cup (successo sfiorato quest’anno al che ha sorprendentemente ceduto in finale al Wigan) e nel computo delle stracittadine delle ultime 7 ne ha vinte 4.
Non si può quindi evitare di guardare alle nuove frontiere, paesi in cui massicci investimenti stanno cambiando gli orizzonti calcistici. In Turchia, alle iniezioni finanziarie di cui ha beneficiato gli scorsi anni il Fenerbahçe sono seguite quelle al Galatasaray. E così i giallorossi hanno vinto gli ultimi due campionati e nell’ultima edizione della Champions League, potendo contare su giocatori del calibro di Drogba e Sneijder, hanno sfiorato la qualificazione alle semifinali ai danni del Real Madrid. Di fatto è tornato a essere non solo il club più titolato del paese e, va da sé, di Istanbul, ma anche quello dalle maggiori potenzialità: oggi come oggi tiene dietro sia i cugini della sponda asiatica della città che il Besiktas, sempre terza forza locale nonostante sia stato in grado di vincere il campionato nel 2009 e la coppa turca nel 2011.
Venendo al Sud America, in Brasile la città calcisticamente più evocativa è Rio de Janeiro, questo per la presenza del Flamengo che è un simbolo il cui appeal è capace di superare i confini nazionali. Lo strapotere generale delle squadre di San Paolo resta, ma degli ultimi quattro Brasileirão ben tre sono andati a squadre ‘carioca’: Fluminense (2) e Flamengo (1). In Brasile però il vero terreno di confronto fra club della stessa città rimane il torneo statale. Ed è qui che si registra un’inversione di tendenza: prendendo in considerazione gli ultimi quattro anni, cioè da quando ha ricominciato a trionfare dopo ben tre finali perse, il Botafogo ha infatti vinto due volte (essendo oggi campione in carica) cioè più sia del Fla che del Flu.
In Uruguay, dove dire calcio è dire Montevideo, il Peñarol contenderà il titolo al Defensor Sporting nell’ambito delle finali annuali. Comunque andrà a finire, il Nacional campione nelle ultime due stagioni perderà lo scettro e ad incoronarsi sarà una fra le altre due squadre della città che meglio hanno fatto di recente. Trionfasse il Peñarol, che fra gli uruguaiani è il club più titolato sia in patria che in ambito internazionale, dopo tre stagioni il titolo tornerebbe sulla sponda oronera della città, che appena due anni fa ha anche sfiorato la conquista della sesta Coppa Libertadores. Vincesse invece il Defensor Sporting, si tratterebbe del secondo successo ‘violeta’ in sei anni, con la ciliegina di altre tre piazze d’onore conquistate nello stesso periodo che indicano al di là di ogni resistenza tradizionalista l’ascesa di una squadra che nella classifica delle più titolate del paese è quaranta e più campionati dietro a ognuna delle due grandi.
Ma c’è una città che vanta un’incidenza di vittorie senza paragoni rispetto a qualsiasi altra al mondo. E’ Buenos Aires. Considerata nel suo complesso, includendo quindi anche le municipalità della cosiddetta Gran Buenos Aires di cui fa parte per esempio Avellaneda, da sola ha conquistato un terzo di tutte le Coppe Libertadores (18 su 53) e 108 dei 122 campionati finora conclusi. Nell’immaginario popolare a comandare lì sono Boca Juniors e River Plate, ma i numeri ancora una volta indicano che le cose non stanno più come un tempo. A tre giornate dalla fine del torneo, nonostante il ritorno in panchina di Carlos Bianchi e il reintegro di Riquelme il Boca langue al penultimo posto, questo mentre il River è l’unica grande bonaerense che ancora può diventare campione ma è pur sempre reduce da una clamorosa retrocessione in seconda categoria. Degli ultimi 12 campionati (che sono semestrali quindi coprono sei anni), River e Boca ne hanno vinti soltanto tre (ultima volta il Boca a fine 2011), mentre fatta eccezione per l’Estudiantes di La Plata campione dell’Apertura 2010 i rimanenti sono andati ad altre squadre della città: Velez (3), San Lorenzo (1) e nello stupore generale Argentinos, Banfield, Lanus e Arsenal (anch’esse per una volta). Quest’ultima, fra l’altro, nel 2007 ha anche vinto una Coppa Sudamericana ed è quindi insieme al Boca l’ultimo club argentino ad aver trionfato in campo internazionale.
Non resta che vedere quel che sarà. Ma una cosa è certa: molti duelli fra Davide e Golia sono a rischio estinzione.
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