Inter Nos 2
Pubblicato su San Siro Calcio, giovedì 26 settembre 2013
L’analisi – Per interpretare la gara con la Fiorentina non si può non partire dal 7-0 a Sassuolo. Anche perché sono passati solo quattro giorni. Da quando seguo professionalmente l’Inter – più di un quarto di secolo – non rammento una vittoria esterna di proporzioni tanto ampie. Ricordo di aver commentato un 7-2 a San Siro sull’Atalanta nella stagione 1989-90 e un 8-2 sul Padova nella stagione 1995-96 con tripletta di Branca, ma per scovare l’ultima volta in cui l’Inter aveva segnato 7 gol in trasferta bisogna uscire dal campionato, dove non era mai accaduto, e risalire alla Coppa Italia della stagione 1958-59, quando l’Inter espugnò Mantova con cinque gol di Firmani e due di Angelillo.
Ora tocca alla Fiorentina dirci se la ‘creatura’ di Mazzarri stia venendo su bene come sembra, perché non si vince 7-0 lontano da San Siro solo per manifesta inferiorità dell’avversario. Ci sono anche i meriti di chi ha dilagato, capace di aggredire la gara con ‘cattiveria’ fin dal fischio d’inizio. E dispiace che a farne le spese sia stato il Sassuolo, con i suoi tifosi. Dispiace invece meno per il suo presidente, quel simpaticone di Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria e accanito milanista con l’ossessione dell’Inter, visto che sognava di strapazzarla fin da quando stava ancora in serie B, forse per affinità elettiva proprio coi cugini di campagna. Magari una bella pedalata con la sua Mapei, lo avrà rabbonito! Coloro che ridimensionano il Sassuolo a squadretta da oratorio dovrebbero però ricordare che l’Inter due anni fa perse entrambe le partite col Novara, poi retrocesso in largo anticipo, mentre l’anno scorso regalò punti a tutta la seconda parte della classifica. Comunque la si pensi, ora a San Siro arriva una squadra vera, costruita per la lotta al vertice. E anche se ai viola mancano Gomez, Cuadrado e Pizarro, Montella dispone di alternative credibili in ogni reparto. Mazzarri probabilmente adotterà lo stesso modulo con cui ha cominciato la sua serie vincente. Col ritorno di Milito, il tecnico vorrebbe riproporre al più presto con Alvarez e Palacio quel trio Hamsik-Cavani-Lavezzi che ha riportato in alto il Napoli. Ma è ancora presto per provarci.
La squadra – Senza più top-players in campo, l’Inter pare averne trovato uno in panchina. Walter Mazzarri, 52 anni, da San Vincenzo in provincia di Livorno, il mestiere di allenatore ha dimostrato ancora una volta di saperlo fare piuttosto bene. La partenza della sua Inter, numeri alla mano, assomiglia molto a quella di una grande squadra.
Nei primi 4 turni di campionato i nerazzurri non segnavano13 gol da 16 anni: un gol ogni 4 tiri dicono le statistiche. Nessuno in Serie A ha segnato tanti gol, un dato ovviamente amplificato dal 7-0 al Sassuolo, solo la Roma ne ha subiti così pochi, uno, e solo la Roma, non ha caso senza impegni europei come l’Inter, ha concesso meno tiri nello specchio.
E’ vero che, a parte la Juventus, gli avversari finora massacrati dall’Inter erano effettivamente più deboli: in quattro giornate Genoa, Catania e Sassuolo hanno raggranellato tutte e tre la miseria di 5 punti, la metà della squadra di Mazzarri. Toccherà alla Fiorentina ora e alla Roma il 5 ottobre prossimo verificare la reale consistenza dell’Inter di Mazzarri. Però che l’allenatore toscano stia lavorando bene è un dato oggettivo, sottolineato anche da statistiche di portata europea relative all’efficacia nelle ripartenze e alle percentuali dei passaggi riusciti o dei contrasti vinti.
Ed è curioso che dei 13 gol segnati nessuno sia ancora arrivato da palla inattiva: immaginate allora quando verranno perfezionati certi meccanismi su corner e calci di punizione. Perché è Mazzarri il primo artefice della resurrezione di gente come Alvarez e Jonathan, che fino a qualche mese fa l’Inter ha comprensibilmente e disperatamente cercato di collocare sul mercato, senza successo. Per fortuna, verrebbe da dire ora. E c’è certamente il lavoro psicologico di Mazzarri dietro alla ritrovata affidabilità di Ranocchia e all’esplosione di Nagatomo. Senza contare che col ritorno a tempo pieno di Milito al fianco di Palacio, l’Inter è l’unica squadra italiana a poter disporre di due attaccanti che in passato hanno già segnato più di venti gol a testa a stagione. Insomma, anche senza top-players, adesso la squadra c’è, perché il vero top-player siede in panchina e si chiama Walter Mazzarri.
La società – La vicenda societaria è arcinota. L’Inter sta cambiando proprietario: da Massimo Moratti a Erick Thohir, una svolta storica non solo per la società nerazzurra, ma per l’intero calcio italiano. Moratti però, dopo 18 anni di presidenza, avrà ancora voce in capitolo nel nuovo board che reggerà la nuova Inter. A Parigi, dove Moratti vinse la Coppa Uefa del 1998, il primo dei suoi 16 trofei e dove nel 2008 fu folgorato dall’incontro col suo allenatore più vincente, José Mourinho, è stato finalmente messo a punto il cosiddetto signing, ossia l’impegno per il trasferimento di poco meno del 70% delle azioni a fronte di 350 milioni di euro. A fine ottobre, dopo gli inevitabili tempi tecnici per operazioni di questa portata, avrà luogo il cosiddetto closing, ossia l’effettivo passaggio delle azioni, indipendente però dalla prossima Assemblea dei soci, perché Moratti ha già ripianato di tasca sua il disavanzo della corrente gestione, circa 70 milioni di euro.
Step by step, ora si aspettano contestualmente il cospicuo aumento di capitale, la nomina del nuovo CdA e il comunicato congiunto, primo atto formale dell’Inter di Thohir, o meglio di Morattohir, almeno nella prima fase.
Erick Thohir ha soci molto potenti, tutti di formazione universitaria statunitense, come Rosan Perkasa Roeslani e Handy Soetedjo, oltre a Aburizal Bakrie, tra l’altro candidato alle presidenziali 2014 in Indonesia. Nomi che a noi dicono poco, ma che la finanza internazionale conosce bene, visto che i loro interessi spaziano dall’Asia all’Australia, oltre che naturalmente negli Stati Uniti. L’uomo che potrebbe rappresentarli finanziariamente in Italia potrebbe essere l’Avvocato statunitense Thomas W. Shreve, fedelissimo della governance indonesiana. Assurde tutte le illazioni pseudo-giornalistiche che circolano in questi giorni: come Frank De Boer nuovo allenatore o Pierpaolo Marino nuovo direttore generale. Dal punto di vista tecnico, Thohir per questa stagione non toccherà proprio nulla, soprattutto se la squadra dovesse continuare a funzionare come sta facendo.
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