Inter Nos 5
Pubblicato su San Siro Calcio, mercoledì 29 ottobre 2014
IL PUNTO SULLA SQUADRA- E’ imbarazzante spulciare i numeri e scoprire che in campionato l’Inter fuori casa non vinceva dal 19 aprile scorso, quando si impose 2-0 a Parma. Dopo 190 giorni domenica scorsa a Cesena è arrivata una vittoria esterna che ha rimesso i nerazzurri nella lunga scia per l’Europa. Anche al Manuzzi di gioco però se ne è visto pochino e il successo di misura è arrivato solo su rigore e con i romagnoli in 10 per oltre un’ora per l’espulsione del portiere Leali.
Di questi tempi però, con tutto quel che è successo in campo e fuori, meglio non andar troppo per il sottile. Dopo il brodino in salsa romagnola, l’Inter è attesa da due gare in quattro giorni, gare da non sbagliare assolutamente. Ora la Sampdoria a San Siro, sabato il Parma al Tardini. In altri tempi, mi sarei sbilanciato fino a ipotizzare sei punti, ma coi tempi che corrono sarebbe già tanto non perdere ulteriore terreno in classifica. L’Inter continua ad andare a scartamento ridotto, corre e macina calcio assai meno di quanto riesca agli altri, soprattutto alla Sampdoria dell’ex Siniša Mihajlović ed è quindi giusto guardare a questa gara come ad un crocevia fondamentale della stagione. E con la squadra deve svoltare soprattutto Mazzarri, al quale secondo qualcuno Thohir avrebbe già dato l’ultimatum, ma a tenere il tecnico di San Vincenzo e il suo staff ancorati alla panchina nerazzurra, a meno di rovesci clamorosi, c’è sempre un contratto da oltre dieci milioni lordi in due stagioni.
A Mazzarri si continua a chiedere di vincere e di convincere, ma basterebbe la prima, guardando anche alla lunga lista di infortunati. A San Siro arriva tra l’altro un brutto cliente: la Sampdoria del ruspante Presidente Massimo Ferrero detto ‘er viperetta’, forte del terzo posto in classifica in coabitazione con l’Udinese, ha già dimostrato di poter dire la sua con chiunque, come ha dimostrato anche nell’ultima gara con la assai più quotata Roma (0-0). I blucerchiati hanno 16 punti in classifica, 9 gol fatti e solo 4 subiti e, insieme alla Juve, sono ancora imbattuti in campionato. Insomma avversario peggiore per l’Inter e per il suo precario momento psico-fisico non poteva esserci. Per questo è legittimo pensare che l’Inter, o svolta stavolta o non svolta più.
IL PUNTO SULLA SOCIETA’ – Ce l’ho ancora davanti l’immagine di Moratti che esce in auto dalla residenza di via Serbelloni dopo aver parlato a lungo con Thohir. Per qualcuno in quel momento, giovedì scorso, si stava chiudendo un’era, ma a qualche giorno di distanza le dimissioni sue e dei suoi, suo figlio Angelo Mario, Rinaldo Ghelfi e Alberto Manzonetto dal CdA dell’Inter sono già sotto una luce diversa.
La reazione il giorno dopo la sofferta vittoria di Cesena non è sembrata quella di un ormai disinteressato ex-presidente, ma di un azionista forte e vicino.
Premessa. Moratti non avrebbe mai voluto cedere l’Inter, ma è stato costretto a farlo a causa di una gestione non da manager ma da tifoso, con tutti i pregi e i difetti che questo comporta, soprattutto il repentino e violento cambio d’umore a seconda dei risultati della propria squadra. La storia ci dice in effetti che un tifoso non è in grado di gestire neppure se stesso. In realtà Moratti, anziché cedere l’Inter, avrebbe voluto trovare qualcuno che lo aiutasse economicamente a tenerla per sempre al di sopra delle proprie possibilità economiche, senza togliergli la maggioranza delle azioni. L’operazione messa in piedi coi cinesi due estati fa in fondo andava in quella direzione. Purtroppo poi non si è concretizzata e il successivo compagno di viaggio, Erik Thohir, indonesiano di nascita, ma spiccatamente yankee di formazione, non si è accontentato di essere un semplice azionista di capitali, ma ha lasciato a Moratti il ruolo di comprimario. Chiunque conosca Moratti e io per le mie vicende professionali lo conosco da Italia ’90, cioè molto prima che diventasse Presidente dell’Inter, sa che è il Massimo non è tagliato per fare lo sparring-partner. Che il rapporto tra Thohir e Moratti non potesse essere fluido quindi lo sapevo da subito, ma c’era e c’è tutt’ora l’Inter di mezzo, ossia il bene più prezioso, almeno per Moratti. Proprio questo che mi ha sempre indotto e mi induce a pensare che alla fine Moratti continuerà a camminare al fianco dell’Inter. Certamente Moratti era stufo di sentirsi ripetere pubblicamente da Thohir e dai suoi quanto sia stata disastrata la sua gestione. In fondo, dal suo punto di vista, se è vero che Thohir si è accollato 150 milioni di euro di debiti, è anche vero che lui, passando la mano, non ha incassato un euro e che Thohir i conti (in rosso) li ha spulciati per parecchi mesi. Se per il nuovo CEO Michael Bolinbroke, comprensibilmente, una società non si può gestire come un giocattolo, per Moratti invece l’Inter è sempre stata proprio un meraviglioso giocattolo, nel senso migliore del termine, con cui divertirsi e divertire i tifosi, ad ogni mercato, prima ancora che ad ogni partita! Un giocattolo diventato negli anni troppo costoso. Certamente a Moratti ha dato fastidio anche l’ultima uscita di Mazzarri, uno che ormai dovrebbe presentarsi in pubblico con dichiarazioni pre-registrate e andare in playback, visto che ad ogni domanda a cui risponde riesce a scontentare tutti: tifosi, azionisti e giornalisti. Evitare di trattare chi ti ha portato all’Inter ad oltre 3 milioni e mezzo netti di ingaggio come un tifoso qualunque è un fatto di educazione prima ancora che di intelligenza.
Ora, dopo le premesse, vengo al punto: io resto convinto che le dimissioni di Moratti siano strumentali, ancora una volta. E’ già successo e sta succedendo ancora! Quando Moratti vuole mettere qualcun altro in difficoltà o peggio, nelle condizioni di andarsene a sua volta, fa così. Lo ha già fatto, lo sta facendo di nuovo. Lo fece nel maggio 1999, insieme a Marco Tronchetti Provera, apparentemente per le critiche ricevute per aver richiamato Roy Hodgson sulla panchina dell’Inter, ma in realtà per spazzar via parte di un organigramma in cui c’erano uomini cari a papà Angelo, ai quali per uno come lui era difficile ordinare di farsi da parte, Sandro Mazzola su tutti. Dopo qualche mese, Moratti tornò infatti Presidente per acclamazione. Lo fece ancora all’inizio del 2004 quando era già in parola con Roberto Mancini e per quest’ultimo aveva già cominciato a fare il mercato acquistando Stankovic, mentre Giacinto Facchetti si stava invece spendendo sempre più pubblicamente per la conferma di Zaccheroni. A fine stagione però anche Zaccheroni si dimise e arrivò Mancini. Moratti insomma ha cominciato anche ora a muovere pesantemente certe leve verso bersagli chiarissimi: il direttore generale Marco Fassone e l’allenatore Walter Mazzarri, uomini portati da lui, è vero, scelte però quasi subito rinnegate e avallate invece da Thohir. Moratti con questo gesto eclatante ora sta forzando la mano per fare in modo che presto ci sia un’Inter con uomini diversi da Fassone e Mazzarri. Diversamente da quando era il padre-padrone dell’Inter però, oggi però l’uomo forte è Erick Thohir. Moratti però di mollare il suo 30% non ci pensa proprio e, anche volendo, non potrebbe farlo senza il consenso di Thohir.
Come andrà a finire? L’Inter è il bene più prezioso e credo che alla fine vincerà il buon senso, perché dopo un quarto di secolo Massimo Moratti penso di averlo capito. Il problema è che non conosco ancora Thohir.
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