Io Capitano
di Matteo Garrone
Non si tratta di un biopic su Javier Zanetti, mitico capitano dell’Inter, ma dell’ultimo film di Matteo Garrone, classe 1968. Giunto alla sua undicesima opera, il pluripremiato regista romano affronta il tema dell’immigrazione clandestina, ma lo fa partendo da un punto di vista differente. I cugini Seydou e Moussa hanno sedici anni, vivono a Dakar, in Senegal e hanno un sogno: andare in Europa. Per farlo svolgono piccoli lavoretti che permettono loro di metter da parte un bel gruzzolo e partire. Inizia così, in maniera un po’ ingenua e precipitosa il loro viaggio, una vera e propria odissea, in cui sperimentano a loro spese la crudeltà umana di polizia di confine e mafia libica. E’ una sorta di coming of age dove il passaggio dalla serenità del sogno dell’adolescenza si scontra brutalmente con la ferocia animalesca di chi vive e guadagna, senza farsi scrupoli, con il traffico degli esseri umani. Garrone ci trasporta in questo mondo crudele basandosi sulle testimonianze di chi il viaggio lo ha vissuto realmente, scrivendo una sceneggiatura densa e senza fronzoli (insieme a Massimo Gaudioso, Massimo Ceccherini e Andrea Tagliaferri) e affidando lo sguardo della disperazione, della fatica, dell’umanità negata ma anche della gioia a un giovane attore non professionista, Seydou Sarr. Inoltre, sceglie di non doppiare il film ma di renderlo ancora più reale lasciandolo nella lingua originale e permettendoci così di entrare ancor più dentro la storia. Ne viene fuori un film palpitante e umano, che non lascia indifferenti e che non cerca nemmeno la lacrima facile. Un’opera giustamente premiata a Venezia 2023 con il Premio speciale per la regia e il Premio Marcello Mastroianni per Seydou Sarr come migliore attore emergente. Un film che tutti dovrebbero vedere. In versione originale con sottotitoli in italiano. Al cinema.
Recensione del Conte Adriano Cavicchia Scalamonti – 4.10.2023