The animal kingdom
di Thomas Cailley
Francois parte con il figlio sedicenne Emile per il sud della Francia per permettere a Lana, madre del ragazzo, di essere accudita in un centro cure specialistico. Alcuni umani infatti sono colpiti da una strana malattia, incurabile, che li trasforma in ibridi creature animali e Lana è una di queste. Durante il trasporto in ambulanza la donna scappa nella foresta e lì è dove il marito e il figlio la cercheranno. Thomas Cailley dirige un film interessante, teso e dal buon ritmo, con l’idea non banale dell’epidemia che crea una mutazione genetica da uomo a “creatura”. Intendiamoci, siamo di fronte all’ennesimo tema del diverso e di come la diversità di alcuni debba essere accettata, condivisa e forse liberata piuttosto che repressa o eliminata. Una tematica di certo non nuova che però qui è svolta con intelligenza e un’idealità un po’ romantica. Dal deciso taglio non europeo, convince e in alcune parti commuove per il senso umano che si ritrova nella vicenda. Inoltre la pellicola è un particolare esempio di “coming of age”: Emile, che vuole solo vivere la vita come tutti gli adolescenti della sua età, è angosciato dai cambiamenti, anche del suo corpo, teme di non essere accettato. In fondo ognuno di noi muta nel passaggio tra le diverse età della vita e nel film la distanza tra le creature e gli uomini è molto sottile, anche gli umani sono animali ma più evoluti e tutti facciamo parte del regno animale. Strepitosa l’interpretazione del giovane Paul Kircher (Emile), un vero talento nei movimenti e nella recitazione; molto bravo anche Romain Duris nel ruolo del padre, mentre Adéle Exarchopoulos (La vita di Adele) sembra un po’ spaesata nel ruolo della poliziotta. Il film ha fatto incetta di premi tecnici agli ultimi César francesi: miglior fotografia, costumi, effetti speciali (davvero notevoli), sonoro e colonna sonora. Un buon film molto interessante. Al cinema.
Recensione del Conte Adriano Cavicchia Scalamonti, 27.6.2024